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Il green pass non basta. Anche se in pochi lo sanno, gli Stati membri dell’Unione Europea chiedono quasi sempre almeno un documento aggiuntivo a chi ha intenzione di raggiungerli dalla stessa Unione. E nell’estate della variante Delta, che in molti Paesi (compresa l’Italia) sta facendo rialzare il numero dei contagi, è bene fare attenzione alle restrizioni via via imposte da ogni Stato. Perché alcune di queste – come il coprifuoco o la chiusura di locali e discoteche – possono rovinare, o comunque ridimensionare il divertimento di una vacanza a lungo desiderata. Ma se il Paese verso il quale siamo diretti introduce una nuova restrizione abbiamo diritto a farci restituire il denaro speso per il volo?
Una app per averle tutte. Anzitutto: cosa serve per mettersi in viaggio. Molti viaggiatori pensano che basti il green pass ma non è sempre così. La realtà è che in Europa si procede in ordine sparso. Per questo la Commissione europea ha lanciato a giugno uno strumento prezioso che è Re-Open Eu, una app (ma c’è anche la versione sito web) che riepiloga e soprattutto aggiorna di continuo regole, documenti e restrizioni applicate da tutti i Paesi membri.
La sezione “travel” è quella che, più di tutte, consigliamo di leggere. Perché può riservare qualche sorpresa. Qualche esempio? Per entrare in Spagna bisogna compilare (minori compresi), ma solo a partire dalle 48 ore precedenti il volo, un modulo che alla fine fornisce un Qr code da presentare all’arrivo. Si tratta, in sostanza, di un tracciamento: bisogna indicare il numero di volo, il posto assegnato, dove si soggiornerà. Ma il modulo cambia a seconda del mezzo: uno per chi viaggia in aereo, uno per chi arriva in nave. A quel punto, modulo + green pass danno diritto a controlli più rapidi, nel senso che non bisognerà mostrare il certificato verde.
La Francia non fa il tracciamento ma chiede di firmare un documento in cui si dichiara di non aver avuto sintomi da Covid-19 e di non essere entrati in contatto con persone risultate positive. Niente tracciamento neanche per Svezia e Danimarca. La Grecia, un altro Paese generalmente molto visitato dai nostri connazionali, in aggiunta al certificato verde chiede di compilare il Passenger locator form che serve a tracciare in modo rapido i visitatori in caso di contagio. La stessa misura che applica anche l’Italia. Sia ai turisti stranieri sia ai residenti che rientrano in patria: il form dev’essere compilato e presentato alle autorità italiane su richiesta. Anche altri Paesi chiedono un documento simile: nonostante il tentativo della Commissione di diffondere un formato comune, quasi sempre si tratta di versioni nazionali.
“Il passenger locator form è una forma di tutela dei viaggiatori: nel caso in cui un passeggero che era seduto vicino a noi risultasse positivo, sarà più facile essere contattati e prendere tutte le misure del caso” spiega Maria Pisanò, direttrice del Centro europeo consumatori Italia, ma bisogna fare attenzione, perché “le compagnie aeree non sono obbligate a informare il viaggiatore sui documenti necessari per sbarcare nel Paese di destinazione. A parte i viaggi organizzati, quest’onere rimane in capo al viaggiatore stesso”.
Restrizioni in corsa. Ma la app Re-Open Eu, così come il sito Viaggiare Sicuri, è molto importante anche per verificare quali restrizioni adotta il Paese di destinazione. Una delle novità più importanti è la decisione da parte della Francia di chiedere il green pass persino per entrare in bar, ristoranti, centri commerciali e ospedali. In Portogallo, meta turistica di moltissimi italiani, il governo ha stabilito due livelli di rischio a seconda dei contagi rilevati: nelle aree a livello 1 (rischio molto alto), ad esempio, i supermercati devono chiudere massimo alle 21 nei giorni feriali e massimo alle 19 nel fine settimana; in tutto il territorio lusitano cinema e musei sono aperti al 50% della capienza.
Ma cosa può fare il viaggiatore che abbia già prenotato un viaggio in un Paese che, a ridosso della partenza, abbia applicato delle nuove restrizioni? A meno che lo Stato non vieti l’ingresso persino a chi è dotato di green pass (uno scenario che oggi pare molto lontano), eventuali coprifuoco o chiusure anticipate di locali non costituiscono motivi validi per cancellare una prenotazione e riavere il denaro speso. Delle speranze, però, ci sono: “Considerato il momento delicato, sono molte le compagnie aeree che danno la possibilità di riprenotare il volo, di spostarlo a un’altra data senza penali” continua Maria Pisanò. L’altra faccia della medaglia: ce ne sono anche alcune che non lo consentono nemmeno in caso di quarantena obbligatoria, “perché tecnicamente, la quarantena non è un impedimento oggettivo al raggiungimento di un Paese, è un’interpretazione molto severa ma non illegittima” dice ancora l’esperta. Per evitare sorprese, il consiglio del Centro europeo consumatori è quello di stipulare un’assicurazione ad hoc. Come abbiamo illustrato su Repubblica pochi giorni fa ormai praticamente tutte le compagnie aeree prevedono tariffe che consentono di non perdere il denaro in caso di rinuncia al viaggio. Polizze che, dopo un anno e mezzo di crisi nera del trasporto aereo, si sono trasformate in un vero e proprio business parallelo per i vettori aerei, sia low cost che tradizionali.
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